San Pietro alla Costa

Atrio della chiesa di San Pietro alla Costa – Fonte: Beweb

La chiesa di San Pietro alla Costa, edificata nel XII secolo ed attestata sin dal 1128, era originariamente una basilica a tre navate, scandite da sei colonne di granito, con pronao e cripta ornata da affreschi, di cui restano alcune testimonianze.

Essa sorgeva nel rione “Costa”, un declivio situato al di fuori della cerchia muraria cittadina, al di sotto del rione “Pendolo”, caratterizzato da abitazioni con orti, vigneti, oliveti e frutteti. Nel 1275 rettore della basilica era Iacobus De Cinnamo, rappresentante del capitolo della cattedrale in alcuni contratti di locazione del tempo.

La via pubblica adiacente al sacro edificio viene menzionata in un documento redatto nel 1305 allorquando Leone Acconciagioco lasciava la somma di 15 tarì “pro conciando vias ab ecclesia Sancte Marie Annuntiate usque ad Ecclesiam Sancti Petri de Costa”.

Nella navata centrale era presente un dipinto raffigurante la Vergine Maria tra San Pietro e San Paolo, tuttora visibile, mentre lateralmente erano presenti l’altare di Santa Caterina, con l’obbligo di 15 messe per un certo Cosma Manso e un altare in cui si ammiravano le immagini della Madonna del Carmine e dei Santi Cosma e Damiano.

Nel corso del XVII secolo lo spagnolo Damiano Gonzales, custode della Torre dello Scarpariello e fondatore di un “monte pei maritaggi” della parrocchia, dotò quest’ultimo altare di una rendita di dodici ducati per la celebrazione di due messe settimanali.

Durante la Visita Pastorale di mons. Bernardino Panicola, avvenuta nel 1643, nella chiesa fu rinvenuto anche un altro altare, dedicato all’Angelo custode e fondato da Cosma Manso.

Nella chiesa “Vi è un soccorpo (cripta) profanato da tanti anni, che non se n’ha memoria ed in esso vi sono due colonne grosse di marmo che mantengono buona parte di detta chiesa.Vi sono tre sepolture che non sono gentilizie. Vi è un organo a sei registri, che fu fatto dal Paroco antecessore Sig, Don Giuseppe Pisani (si dimise da parroco  nel 1719) col denaro che ricavò dall’altro organo antico ed ivi stava. Vi è un sol confessionale con la portella d’avanti e col commodo di confessare sì dalla parte sinistra, come dalla parte destra”, si legge in una descrizione risalente agli anni trenta del Settecento. Parroco del tempo era don Fortunato Pisacane il quale, però, nel 1744 veniva citato dalla Corte Vescovile con l’accusa di non risiedere in parrocchia, non celebrare messa nei giorni statuiti e non insegnare il catechismo ai fanciulli. Ragion per cui due anni dopo veniva assegnato alla cura parrocchiale di una porzione della chiesa di S. Giovanni del Toro. 

L’antica basilica, che già da tempo minacciava rovina, crollò interamente a metà del Settecento, in un momento di grande difficoltà economica e sociale per l’intera città.

Il nuovo edificio, più piccolo del precedente e a navata unica, sorse alla fine del Settecento su iniziativa del Canonico don Gaetano Manso, che dovette prendere il possesso della parrocchia nell’atrio in rovina.

Attualmente la chiesa, arricchita nel 1834 da ornati in stucco, è preceduta da un portico a volta in pietrame e malta di calce, con arcate sorrette da colonne, che accoglie lungo le mura perimetrali i fusti in granito grigio provenienti dalla precedente costruzione.

Il dipinto raffigurante la Vergine tra i Santi Pietro e Paolo, opera del sec. XVI, sovrasta l’altare centrale mentre l’ altarino di fondo proviene dalla chiesa di San Giovanni alla Costa. Nell’ala sinistra, aggiunta negli anni Settanta, è posto il fonte battesimale mentre la piccola sagrestia accoglie una fontana in marmo, recante il nome del donatore e la data di realizzazione “Domenico Russo 1629”, con un’urna cineraria di età romana. La cripta, abbandonata nel corso del sec. XVII, termina con un’ abside centrale ed è costituita da ambienti coperti da volte a botte cui si accede esternamente .

Nella chiesa si conserva anche una statua della Madonna delle Grazie “che si porta in processione nel due luglio, festa della Visitazione di Maria” come riferiva mons. Luigi Mansi nella “Ravello Sacra-Monumentale” del 1887. Tradizione tuttora portata avanti con la partecipazione dell’intera comunità parrocchiale.