STORIA

La chiesa-santuario dei Santi Cosma e Damiano in Ravello

Il Santuario dei SS. Cosma e Damiano di Ravello è una delle mete di pellegrinaggio più frequentate della Provincia di Salerno e centro di spiritualità dell’Arcidiocesi di Amalfi – Cava de’Tirreni.

Ogni anno, richiama migliaia di fedeli non solo dalla Costa d’Amalfi, ma anche dall’agro nocerino-sarnese e dall’agro stabiese. Il nuovo tempio è stato edificato agli inizi degli anni Sessanta del Novecento da Mons. Pantaleone Amato (1922-2005) su un’antica chiesa conosciuta dal 1283 secolo, quando compare in una compravendita avente ad oggetto un oliveto e strutture rurali situati nelle pertinenze di Ravello.

Nel 1397, da un documento conservato presso l’Archivio Segreto Vaticano, si rileva che papa Bonifacio IX ordinava al vescovo di Tropea, Paolo de Grifiis, di affidare al chierico Antonio de Fusco la chiesa parrocchiale di Santa Maria a Gradillo e l’altra, senza cura d’anime, dei Santi Cosma e Damiano di Ravello.

Nel corso del Quattrocento la chiesa iniziò a costituire una base patrimoniale di cui beneficiò per diversi secoli, costituita principalmente da beni stabili – case e terreni – acquistati o ottenuti per disposizioni testamentarie. Nel 1402, infatti, l’arcidiacono minorese Martino Scatozza, vicario del vescovo di Ravello Ludovico Appenditano, prendendo possesso dei beni lasciati per testamento da Francesco Vessichello, tra cui un oliveto sito nei pressi di Porta Domnica, li vendeva alla chiesa dei Santi Cosma e Damiano. Lo stesso Martino, divenutone poi rettore, comprava in excambium, nel 1426, un altro pezzo di oliveto nel territorio cittadino. Alla fine del secolo XV i possedimenti dell’antica chiesa si estendevano fino alla località Porta la terra, dove nel 1484 Giacomo Frezza, rettore pro tempore, aveva acquistato una casa a più piani.

A partire dal XVI secolo, la chiesa dei SS. Cosma e Damiano comincia a rivelarsi come luogo di grande devozione popolare, testimoniata non solo dalle Visite Pastorali compiute dai vescovi di Ravello, ma anche dagli ex-voto in metallo prezioso, raffiguranti la parte anatomica sofferente e quindi da guarire o già “miracolata”. Si susseguono, perciò, una serie di testimonianze di culto che permettono all’antica chiesa di trasformarsi, de facto, in un santuario meta di numerosi devoti.

Nel 1610, per far fronte alle esigenze dei fedeli di ricevere la confessione e di comunicarsi per lucrare l’indulgenza concessa dal vescovo Francesco Benni, veniva ordinato di provvedere all’acquisto di un confessionale.

Fin dai quei tempi i devoti cominciavano ad instaurare una sorta di rapporto personale con il santo, manifestato fisicamente nel simulacro ligneo, contenente all’interno una reliquia di San Cosma e conservata nel monastero SS. Trinità.

Quella statua era esposta alla pubblica venerazione dei fedeli solo in occasione della festa dei Santi Medici, e al termine della giornata ritornava, accompagnata da fiaccole, presso il cenobio benedettino. Solo nel 1710, Mons. Giuseppe Maria Perrimezzi, dei Minimi di S. Francesco di Paola, ordinerà il trasferimento perpetuo della statua di San Cosma presso la chiesa.

Tale decisione scaturì anche dalla constatazione di una massiccia presenza di ex-voto in argento, donati dai fedeli ai Santi, ex devotione pro gratis ab ipsis recepitis, e che costituivano, in tempi di povertà di rendite e di entrate, l’unico mezzo di scambio per sostenere le spese quotidiane.

Così tra il 1730 e il 1740, Don Eustachio Pisano, parroco della Comunità di Sant’Andrea e San Matteo del Pendolo, di cui la chiesa dei SS. Cosma e Damiano faceva parte, era costretto a vendere parte degli ex-voto per acquistare i nuovi arredi liturgici per le celebrazioni eucaristiche. 

Nell’Ottocento la chiesa presentava un’unica navata coperta da una volta a botte in cui vi era un solo altare dedicato ai SS. Cosma e Damiano. Gli ex-voto erano collocati sul cornicione, vi era una sagrestia e due stanzette destinate al rettore, che era il parroco di San Pietro alla Costa. Nel 1898 la famiglia Confalone rifece il pavimento della chiesa e ne diede testimonianza attraverso la collocazione all’ingresso di una targa in marmo. L’accesso era garantito da una lunga rampa di scale. Dalla sagrestia si dava voce attraverso una corda alle due campane poste su un campaniletto inserito nella roccia. Un suo rudere che ancor oggi si vede in alto sulla rupe è l’ultima traccia del passato.

Non mancarono, anche in quel secolo, le testimonianze sulla devozione popolare. Verso il 1855 un manoscritto, conservato nell’Archivio Vescovile di Ravello, ricordava come fosse: “sorprendente il concorso di divoti dei paesi circostanti nel giorno della festività del santo, specialmente avanti giorno”.

Gli faceva eco, qualche anno dopo un’altra testimonianza autorevole, quella del canonico Luigi Mansi: “la divozione è aumentata in modo straordinario, e nel giorno della festa e per più di un mese dopo vedesi un gran concorso di fedeli, che da tutta la nostra provincia vengono per sciogliere i loro voti dinanzi alla statua di San Cosma”.

Pochi anni dopo, nel 1895, l’Arcivescovo di Amalfi, Enrico De Dominicis, nel corso della Visita Pastorale alla chiesa, poteva rilevare come: “Una tale chiesetta, quantunque sia in una deserta campagna e sotto montagne che si elevano in alto (…) pure richiama l’attenzione non solo delle persone circonvicine e tutti i Paesi della e Città della Costiera, ma anche di persone di ogni ceto che accorrono in quel Santuario o per sciogliere voti a iSanti Martiri delle grazie ottenute o per implorare nuovi favori dal Cielo. I muri quella chiesetta sono tutti rivestiti di voti di cera, di grucce, di altri oggetti che indicano i mali dai quali i fedeli obblatori furono liberati per intercessione dei suddetti martiri da essi con fede invocati”.

   Nei secoli passati, e anche in tempi non lontano, moltissimi pellegrini raggiungevano il santuario a piedi, camminando attraverso i monti e per sentieri impervi, cantando e pregando lungo i percorsi talvolta notturni una antica nenia:

”Saglimme p”o muntagnone /jamme a truvà chilo Santone;/

 e nuje ca mò ci jamme / che bella grazia ch’a nuje vò fa

E Venimmo ‘ a tantu luntano / ce venimmo ‘na vota l’anno,

e si stessimo cchiù vicino/ ce ne veressimo ogni mattina!

Saglime ‘sta scala santa/ saglimmela tutti quanti;

saglimmela in compagnia! Facci grazie Santone mio”

Era questa una manifestazione di un vissuto religioso che richiamava alla mente l’antica chiesa sotto la rupe del Cimbrone raffigurata più volte del famoso artista olandese Maurits Cornelis Escher nel 1932.

I gesti, le emozioni, le angosce, il sollievo dei pellegrini che giungevano, dopo tante ore di cammino al Santuario dei SS. Cosma e Damiano, vengono icasticamente descritti in un articolo del 1970:

Sono profondamente immersa nel sonno quando mi sveglia un canto che viene da molto lontano. Mi stropiccio gli occhi, tendo le orecchie. Non so ancora se sto sognando. Guardo meccanicamente l’orologio appoggiato sul tavolo. Sono le tre di notte. Mi affaccio alla finestra e vedo, stupefatta, una lunga fila di uomini, ragazzi, vecchi, donne che si inerpicano lungo le scalinatelle con una fiaccola in mano. Cantano con un’intonazione vagamente orientale e il loro canto fa eco tra i monti, dolcemente. Il coro sembra formato da un numero infinito di persone che abbiano raggiunto una perfetta intonazione dopo un lungo esercizio. Non conosco gli usi e costumi della gente di questi luoghi; so solo che Ravello è cara ai cineasti e per un attimo mi si affaccia l’idea che si stia girando una scena di un film epico. La scarto subito. «Nessun regista – mi dico – può trasmettere una spiritualità così profonda che vibra nell’aria ed entra nel cuore».”Chi siete?” Chiedo timidamente, come se temessi di rompere l’incanto. “Siamo pellegrini e andiamo al Santuario di San Cosma e Damiano.” “Veniamo di là da quei monti” risponde una giovane donna con un bambino in braccio. La guardo. Al chiarore della fiaccola scorgo i suoi occhi neri e profondi. La donna insieme con gli altri continua il suo cammino e in un attimo scompare lungo i sentieri tortuosi. Vado anch’io al Santuario. Spuntano ormai le prime luci dell’alba. Il Santuario è a picco su un mare limpido, argenteo. Il panorama è stupendo, al di là di ogni aspettativa. La gente sosta alla fonte d’acqua sorgiva, leggerissima. Beve come fosse un rito. Le virtù terapeutiche di quest’acqua sono state decantate attraverso le generazioni. Le donne riempiono con cura parsimoniosa un fiasco che hanno portato da casa. I pellegrini salgono ora le ultime rampe di scale che portano al Santuario…Ora ascoltano parole di fede e pregano, in un momento in cui il mondo attraversa una così profonda crisi spirituale, con la stessa forza degli avi. Il Sacerdote di turno pronuncia dal pulpito toccanti parole e fa rivivere un’atmosfera mistica. I presenti sono commossi. I bambini rimirano estatici i volti dei Santi Cosma e Damiano

La crescita e lo sviluppo del culto nel Novecento ha visto accorrere pellegrini: “di ogni ceto sociale, ricchi e poveri, professionisti, artigiani, agricoltori, donne, uomini, giovani, talvolta intere famiglie, bambini portati per mano, mescolati ai vecchi e agli anziani, coi loro volti bruciati dal sole e raggrinziti dal lavoro, ma ancora verdi ed abili ad affrontare le fatiche dure e stressanti del lungo viaggio”.

Questo specchio del sentito religioso, della gioia e della speranza, della tristezza e della angoscia degli uomini, partendo dall’esperienza viva dei santuari e dalla proposta dei pellegrinaggi sulle orme dei testimoni della santità verso queste “cliniche dello spirito”, può entusiasmare nuovamente il cuore dei credenti di ogni età, accomunati dalla stessa ricerca di un “messaggio” spirituale più esperienziale capace di mediare la fede con la vita.

Fonti, Bibliografia e Sitografia:

Archivio Arcivescovile di Amalfi

Archivio Vescovile di Ravello

Archivio della Parrocchia di San Pietro alla Costa – San Michele Arcangelo di Torello

Bollettino “Voce del Santuario dei SS. Cosma e Damiano di Ravello” (1949-2012)

P. Amato, Ravello e il santuario dei SS. Cosma e Damiano, Ravello 1983.

G. Imperato, Ravello nella storia civile e religiosa, Cava de’Tirreni, 1990.

U. Dovere, Santuari della Campania, Massa 2000

G. Imperato, Culto secolare dei Santi Cosma e Damiano a Ravello, Napoli 2012.

M. C. Sorrentino, Il Santuario dei Santi Cosma e Damiano: aspetti topografici del sito ed ulteriori insistenze, Napoli 2012.

Censimento santuari cristiani in Italia (Nell’ambito del programma di ricerche (1998-2003) coordinato da André Vauchez (Direttore dell’Ecole Française de Rome) sul tema: “l’Uomo, lo spazio e il sacro nei paesi del mediterraneo, in collaborazione con numerosi studiosi italiani e stranieri, è nata la ricerca dedicata al Censimento dei santuari cristiani in Italia dall’antichità ai nostri giorni”.

Link alla scheda sul santuario dei SS. Cosma e Damiano di Ravello:

http://www.santuaricristiani.iccd.beniculturali.it/Common/dettaglio.aspx?idsantuario=233