La chiesa di San Michele Arcangelo fu edificata tra l’ XI e il XII secolo a Torello, casale “extramoenia” noto alle cronache già prima dell’età normanna, caratterizzato dalla presenza di vigneti e di case rurali con volte estradossate provviste di locali per la vinificazione. Questi ultimi dovevano essere dotati di “palmentum”, un torchio usato per pigiare l’uva e di “labellum”, una sorta di vasca dove si raccoglieva il mosto, come si legge in un documento del 988. Sulla punta del villaggio, tra una folta vegetazione costituita perlopiù da inserteta, cioè castagni da innesto, si ergeva una torre di avvistamento a pianta quadrata di età sveva, soppiantata, successivamente, da una casa colonica. Oggi le case ad astrico battuto, espressione dell’ edilizia tradizionale e gli appezzamenti di terreno, ricavati con macere a secco, coltivati a limoneti, vigneti e uliveti, disegnano il profilo del borgo che ha mantenuto intatto il suo fascino. Le rendite dell’ antica Parrocchia dovevano essere costituite perlopiù da vigne e selve, come attestano numerosi documenti conservati nell’archivio del Duomo di Ravello. Nel 1669, ad esempio, don Mattia Mosca, parroco della chiesa di Sant’Angelo di Torello, affittava per tre anni a Giuseppe Conte, Sindaco del Popolo di Ravello, un castagneto sito “allo Faito”, per il canone di carlini 10 e grana 8. Nel 1709, invece, don Aniello Gambardella vendeva a Trifone Mosca una vigna, sita in Ravello nel luogo detto Santo Jacovo, e una casa “sottana”, con cortile murato e due “piazzolelle d’ orto da sotto detta casa con il passaggio per andare nel luogo dove si dice Traversa”, sita pure in Ravello nel luogo detto “Casa Scannapieco”, con il peso di un censo annuo di carlini 4, dovuti alla chiesa parrocchiale di Sant’Angelo di Torello. La piccola basilica è preceduta da un pronao a tre arcate, coperto da volte a crociera, che poggiano su colonne in granito con capitelli di spoglio. Esso è sormontato da un corpo, aggiunto negli anni Quaranta, caratterizzato da un doppio spiovente con arcatelle cieche e una trifora. All’ interno, la navata centrale, coperta da una volta a botte, è divisa dalla campate laterali a crociera mediante un doppio colonnato. Le tre abisidi, rivolte ad oriente, sono estradossate e sono marcate al centro da snelle colonne che inquadrano il dipinto di San Michele Arcangelo. A sinistra dell’ingresso è presente un fonte battesimale realizzato nel 1936 mentre lungo sulle pareti laterali si dispongono le formelle in marmo raffiguranti le stazioni della Via Crucis. In corrispondenza dell’abide di sinistra è custodita la statua della Madonna Addolorata, la cui festa, celebrata nella terza domenica di settembre, viene menzionata sin dal 1887: “si celebra la festa nella terza domenica di ciascun anno; e in tale giorno a cominciare dai primi vesperi possono tutt’i fedeli lucrare l’indulgenza plenaria, concessa ad septennium dalla v.m. di Pio IX”. In quell’anno era ancora possibile ammirare una icona della Vergine Addolorata, collocata dal canonico e tesoriere della cattedrale Lorenzo Risi, curato della parrocchia. L’altare maggiore, secondo quanto apprendiamo dalla letteratura storiografica e dalle fonti documentarie, era sormontato da una icona raffigurante la Madonna tra Giovanni Battista e San Michele, posta su una predella proveniente dal monastero della Trinità in cui era rappresentata l’Ultima Cena. Lungo i lati si disponevano ben sette altari, demoliti negli anni Quaranta. Tra le testimonianze più significative vanno senz’altro menzionati l’altare della famiglia Pepe, ove sin dal 1617 si ammirava un dipinto che effigiava la Vergine, san Nicola, san Pantaleone e santa Caterina e .l’altare della famiglia Fraulo, decorato con una icona raffigurante la Vergine tra san Biagio e san Francesco di Paola, databile tra la fine del sec. XVI e gli inizi del sec. XVII, oggi conservata nella sacrestia. “